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Il ruolo dello psicologo

Esistono ancora molti falsi miti riguardo alla figura dello psicologo. Se cerchi in internet quando e perché rivolgersi ad uno psicologo potresti trovare una sfilza di definizioni complesse o generiche. Oppure la definizione dell’Art 1 della Legge 56/89: «un professionista che svolge attività di prevenzione, diagnosi, intervento, promozione della salute, abilitazione-riabilitazione, sostegno e consulenza in ambito psicologico, rivolte al singolo individuo, alla coppia, al gruppo e altri organismi sociali o comunità. Comprende altresì le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito».

Ma nella concretezza, possiamo sintetizzare e dire in modo più semplice che per andare dallo psicologo non serve aver sviluppato una psicopatologia grave, non serve aspettare di stare proprio male e sentir di dover arrivare al limite, senza veder più altra soluzione.

Anzi: la consulenza psicologica, che è una delle prime e più comuni funzioni svolte dallo psicologo, nasce proprio con l’idea di capire quale sia il problema, se di problema si può parlare, sviscerarlo assieme e poi trovare una possibile soluzione.

Le prime due o tre consulenze permettono alla persona che chiede l’appuntamento, di poter capire se è quello che sta cercando e allo psicologo stesso di poter capire se può essere utile in quel determinato caso. Altre volte succede che già nelle prime consulenze la persona che si rivolge allo psicologo trovi le risposte che sta cercando. Molte volte ci sono solo piccoli dilemmi, dubbi, necessità di una visione obiettiva ed esterna alla propria cerchia che in una seduta si possono risolvere.

Altre persone vedono la seduta dallo psicologo come un regalo che si fanno una volta al mese, uno spazio protetto nel cui poter sfogare dubbi, emozioni e ristrutturare la loro visione a volte poco pura e obiettiva, ma filtrata da lenti di traumi del passato.

Altre volte ancora, si cerca aiuto per capire come fare a relazionarsi con familiari che stanno male o fisicamente o psicologicamente, ma che magari non hanno la forza in sé, per chiedere aiuto.

I lutti come la perdita di una persona importante, la fine di un amore, sono periodi di vita caratterizzati da emozioni importanti e forti, in certi casi segnano lacerazioni profonde che però sono fisiologiche per il ritorno ad un normale equilibrio psichico, anche in questi casi c’è chi sceglie di affrontarle da solo e chi di essere accompagnato da me come psicologa.

Ciò che è importante capire è che sia che si tratti di un problema grave che ritorna ridondante e imponente, un tratto della personalità che si fatica a gestire, o che si tratti di un semplice confronto con un professionista della salute: non si verrà mai giudicati e soprattutto non verrà mai detto da parte dello psicologo, cosa fare e cosa non fare.

Il ruolo dello psicologo è proprio quello di fare delle domande, per le quale studia anni, che possano portare la persona ad arrivare da sola alla giusta riflessione. Lo psicologo non dà risposte, anche se spesso la tendenza del paziente sarebbe quella di chiedere :”dottoressa mi dica lei che cosa devo fare”. In questi casi ci sarebbe sempre la tentazione di dire che cosa fare, ma in tal caso non sarei psicologa ma insegnante. Non farei ciò che è giusto per la persona, ma ciò che sembra giusto a me e inoltre inesorabilmente al prossimo problema, la persona si dovrebbe rivolgere a me, creando così un legame di dipendenza. Il concetto è che io non ti insegno cosa devi fare, ma ti faccio capire come poter trovare le risposte in base al tuo progetto di vita, che è diverso da ogni singolo individuo.

Una volta ho letto una frase di un famoso fotografo che si può paragonare bene al ruolo dello psicologo: ”La fotografia è tutta qui: far vedere a un’altra persona quel che non può vedere perché è lontana, o distratta, mentre tu invece sei stato fortunato e hai visto” (cit. Elliot Erwitt). Nel caso dello psicologo più che di fortuna possiamo parlare di obiettività e estraneità ai fatti e di studio di strumenti che permettono di vedere quello che la persona porta in consulenza. Quello che la persona non vede, perché troppo immersa in quella unica realtà.

Come psicologa il mio compito consiste nel prendere per mano una persona, in modo del tutto neutrale e privo di giudizi, e guidarla su un percorso fatto di risposte alle domande che la vita può presentare.


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